sabato 4 luglio 2015

Tornare alla vita

Voteranno solo loro, ma il referendum dei greci riguarda tutti. Primo, perché è la prima volta nella storia che un popolo europeo si esprime sulla politica europea, a meno di non voler considerare le elezioni per il Parlamento europeo cui siamo chiamati ogni cinque anni, come qualcosa che abbia mai avuto a che fare davvero con le politiche di Bruxelles. Secondo, perché vista la posta in palio, il risultato di domani avrà di sicuro un effetto reale, in un senso o nell'altro: o la politica dei tagli sarà confermata (in caso di vittoria dei Sì) o si potrà affacciare qualcosa di diverso, in caso di vittoria dei No. Qualcosa di diverso in Europa, sia chiaro, perché al netto della propaganda pro-Sì, un'uscita della Grecia dall'euro è impensabile. Non la vuole Tsipras, che l'ha detto in tutte le salse; non se la può permettere l'Europa.

Se le cose stanno così, approcciarsi al voto di domani e alla questione greca e a quella europea con la calcolatrice in mano, appare quanto meno grottesco. Anzi, proprio un nonsenso. La Grecia che alcuni dipingono come un paese di “furbetti” è un posto dove grazie alle politiche dei tagli sono aumentate le morti perinatali perché si è tornate a partorire in casa per evitare i ticket all'ospedale introdotti dall'austerità; è un posto dove il governo dei “furbetti” vuol garantire le persone dal taglio dell'energia elettrica per morosità (ed è noto che chi non paga la corrente, con quei soldi va in vacanza in resort esclusivi, no?) e offrire trasporti pubblici gratis a chi è sotto una certa soglia di reddito; è un posto dove si fanno collette di medicine e dove si sono apprestate cliniche solidali in cui volontari curano chi non ha i soldi che oggi servono per garantirsi la salute. La Grecia siamo noi senza futuro, senza ambiente, massacrati dai tagli, che per rimozione ci sentiamo fighi perché tanto tocca a loro, un po' come facciamo coi migranti.

La Grecia però è un posto, l'unico in Europa, che anche grazie al referendum di domani ha rimesso al centro la vita delle persone invece che farle girare, le persone e le vite, attorno ai mercati. E per questo è un posto dove la parola politica è tornata ad avere il suo significato, laddove altrove è sinonimo di paralisi, incapacità di muoversi se non nella direzione imposta dai capitali che seguono i loro interessi indisturbati poiché gli altri, cioè noi - impauriti e resi ciechi della propaganda - i nostri interessi non sappiamo neanche più riconoscerli.

Voteranno solo loro, i greci. Ma siccome per la prima volta dopo decenni una consultazione popolare potrebbe incidere sulla vita di tutti, anche sulla nostra, io mi auguro che dicano No.